martedì 8 aprile 2008

Il carattere (khuluq) del Profeta Muhammad

Nel Nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso

da il gruppo http://groups.msn.com/SUFISMO

un saluto di pace a tutti coloro che leggono

Allàh l'Altissimo nel Suo Nobile Corano ci incita a seguire come modello per il nostro "perfezionamento" il Suo Inviato Saiyydinà Muhammad - le benedizioni di Allàh e la pace su di lui - : "Voi avete nell'Inviato di Allàh un modello sublime, per chi spera in Allàh e nell'Ultimo giorno e molto ricorda Allàh" (Corano Sura Al-Ahzàb 33 vers.21)

Allàh l'Altissimo nel Suo Nobile Corano ci descrive inoltre qual'è il carattere "khuluq" con il quale ha mandato Saiyydinà Muhammad - le benedizioni di Allàh e la pace su di lui- alle Sue creature: " Per quale misericordia da parte di Dio hai mostrato dolcezza nei loro confronti? Se tu fossi stato rude e duro di cuore essi si sarebbero dispersi lontani da te. Usa loro clemenza, chiedi perdono per loro, e consigliati con loro sul da farsi..." (Corano Sura Al-Imran 3, vers. 159)

Tutti i Maestri (Shuyukh) del Tasawwuf si sono "conformati" a questo "modello sublime" seguendo la sua Sunna (modo di agire e di fare del Profeta) in ogni loro pensiero e azione e insegnando a loro volta, più con gli atti e gli stati (hàl) che con le parole, questa Via (Tariqa Muhammadiyya) ai loro discepoli.

Ho pensato perciò che potrà trovare interesse la seguente pubblicazione di alcuni commentari (Tafsir) della Sura sopracitata "sul carattere del Profeta" (Cor.3,159-60) per cogliere ancor di più la bellezza e l'elevatezza degli insegnamenti di Allàh l'Altissimo che ci ha voluto dare con questo Suo nobile versetto, in cha Allàh.

NB- Queste pagine che riportiamo sono tratte dal Libro che verrà pubblicato a breve : «La Sura della Famiglia di Imran nella Sapienza Islamica» di Ludovico Zamboni - GEI Gruppo Editoriale l’Idea. Il III Capitolo (Sura) del Corano alla luce dei commenti di Ibn Kathìr e Al Qâsânî tradotti direttamente dai Testi in lingua Araba da Ludovico Zamboni, il quale ci ha gentilmente concesso di pubblicare qui in anteprima, che Allàh lo ricompensi e sia soddisfatto del suo lavoro. Chi ne facesse uso è pregato gentilmente di riportare la provenienza di queste pagine, grazie.

Nel testo che riportiamo il carattere "normale" è dedicato alla traduzione dei commenti di Ibn Kathìr e di Al-Qàsànì.


il carattere in grassetto a quello dei versetti del Corano


il carattere in corsivo alle note di Ludovico Zamboni


Tafsir (commentario) del versetto 159-60 della Sura Al-Imràn - 3

[Sul carattere del Profeta (s.a.s.)]

Testo

«159) Per quale misericordia da parte di Dio hai mostrato dolcezza nei loro confronti? Se tu fossi stato rude e duro di cuore essi si sarebbero dispersi lontani da te. Usa loro clemenza, chiedi perdono per loro, e consigliati con loro sul da farsi. E quando hai acquisito ferma risolutezza, affidati fiducioso a Dio, perché Dio ama coloro che a Lui si affidano. 160) Se Dio vi soccorre, nessuno vi potrà sconfiggere; ma se Dio vi abbandona, chi vi potrà soccorrere, dopo di Lui? A Dio dunque si affidino fiduciosi coloro che hanno fede.»

Dice Ibn Al-Kathìr:


L’Altissimo si rivolge al Suo Inviato, pieno di benevolenza nei confronti suoi e dei credenti, parlandogli di come ha reso tenero il suo cuore a riguardo della sua comunità, nei confronti cioè di coloro che seguono i suoi ordini e cessano di rivoltarsi contro di lui, e di come ha fatto sì che le sue parole sembrassero loro gradevoli, e dice: «Per quale misericordia (bi-mâ rahmatin) da parte di Dio hai mostrato dolcezza (linta) nei loro confronti?» E cioè, per mezzo di cosa Dio ha fatto sì che tu fossi dolce con loro, se non per la misericordia di Dio nei tuoi e nei loro confronti? Qatâda dice: “Il significato è ‘Per misericordia da parte di Dio tu hai mostrato dolcezza nei loro confronti’. La particella mâ infatti in questo caso è una semplice congiunzione.” (...)

Dice Al-Hasan Al-Basrî: “Qui si parla del carattere (khuluq) col quale Dio ha mandato Muhammad, e questo nobile versetto somiglia alle parole dell’Altissimo «È venuto a voi un Inviato che viene da voi stessi, al quale pesa ciò che commettete e che ha cura di voi, pietoso e clemente con i credenti» (Cor. 9,128).

L’Imam Ahmad tramanda da Abû Râšid Al-Harrânî: “Abû Umâma Al-Bâhilî mi prese per mano e mi disse: ‘L’Inviato di Dio mi prese per mano, e mi disse: Abû Umâma, vi sono alcuni credenti verso i quali il mio cuore ha tenerezza’.”


Al-Qušayrî: “Se non fosse stato per una forza divina che il Vero gli riservava, come avrebbe potuto l’Inviato di Dio sopportare la compagnia degli uomini? Non vedi che Mosè, appena dopo aver udito la Sua parola, non sopportava neppure di parlare con suo fratello, e gli prendeva la testa, tirandola a sé?(Cor.20,92-4) O ancora: se il Profeta (su di lui la pace e la preghiera divine) non li avesse guardati [con un occhio che] cancellava quelle norme proprie del mutamento (ahkâmu t-tasrîf) che avevano corso in loro, realizzando che era Allah a dar origine ad esse, come avrebbe potuto sopportare la loro compagnia?


Quindi l’Altissimo dice: «Se tu fossi stato rude (fazz) e duro (galîz) di cuore essi si sarebbero dispersi lontani da te». Il termine fazz è simile nel significato a galîz, così che il significato è ‘se tu fossi stato duro con la parola e col cuore’, o in altre parole ‘se tu ti fossi rivolto a loro con parole violente, e col cuore duro, essi si sarebbero allontanati da te, lasciandoti; Dio però li ha uniti a te facendo sì che tu fossi dolce con loro, così da ammansire i loro cuori’. Dice ‘Abd Allah ben ‘Amrw: “Vedo nei Libri sacri rivelati in precedenza la descrizione dell’Inviato di Dio: non è rude, né duro, non strepita nei mercati e non risponde al male col male, ma piuttosto perdona e tollera.” At-Tirmidhî tramanda da ‘Â’iša queste parole dell’Inviato di Dio: “Dio mi ha ordinato di essere estremamente gentile con la gente, ai limiti dello sdolcinato (amara-nî bi-mudârâti n-nâs), allo stesso modo in cui mi ha ordinato le opere obbligatorie della Religione (al-farâ’id).”


Su queste parole coraniche, Al-Qušayrî dice: “Se avessi dato loro da bere puro il vino dell’Unità divina, senza annacquarlo con una ‘parte’ per loro, essi si sarebbero separati da te errando senza meta senza poter sostare neppure un attimo.” Analogamente, Al-Alûsî dice: “Se avessi loro esposto minuziosamente le norme proprie delle realtà principiali (ahkâmu l-haqâ’iq) il loro petto si sarebbe ristretto, e non avrebbero sopportato il peso proprio della realtà delle norme di educazione spirituale necessarie nella Via iniziatica. Tu invece hai avuto indulgenza nei loro confronti, per mezzo della Legge sacra e delle facilitazioni [che essa prevede].” Ar-Râzî riporta questo hadith: “Non v’è mitezza maggiormente gradita a Dio della mitezza e dell’indulgenza di una guida spirituale (imâm). E non v’è ignoranza più odiosa agli occhi di Dio dell’ignoranza e della rozzezza di una guida spirituale.”



( Il carattere (khuluq)...2^ parte )
Così l’Altissimo continua dicendo: «Usa loro clemenza, chiedi perdono per loro (astagfirla-hum), e consigliati con loro (šâwir-hum) sul da farsi (fî l-amr. In effetti l’Inviato di Dio all’occasione chiedeva consiglio ai suoi Compagni, così da infodere loro entusiasmo in ciò che facevano. Il giorno di Badr ad esempio si consigliò con loro sul problema se andare o meno incontro alla carovana [dei meccani], ed essi dissero: “Inviato di Dio, se ci chiedessi a proposito di un vasto mare, noi lo attraverseremmo con te, e se ti incamminassi con noi verso Bark Al-Ghimâd [località nello lontano Yemen], noi verremmo con te. Noi non faremo come la gente di Mosè, che gli disse: «‘Va’ tu, col tuo Signore, e combattete voi due: noi staremo qua ad aspettare seduti’». (Cor.5,24) Ti diciamo invece: va’, e saremo con te. Combatteremo davanti a te, alla tua destra e alla tua sinistra.” (...) Anche il giorno di Uhud chiese consiglio, se fosse più opportuno rimanere a Medina o uscire e scontrarsi col nemico; i più dissero che era meglio affrontare il nemico in campo aperto, così che il Profeta ordinò di uscire dalla città per dare battaglia. Il giorno del fossato egli chiese consiglio sul fatto se fosse opportuno venire ad un accomodamento con le fazioni coalizzate
[che circondavano Medina] offrendo loro un terzo della produzione dei datteri dell’oasi per quell’anno: Sa‘d ben Mu‘âdh e Sa‘d ben ‘Ibâda furono contrari, e l’idea fu accantonata. E ancora, il giorno di Al-Hudaybiyya chiese consiglio ai suoi Compagni sul fatto se fosse opportuno piombare sui figli degli idolatri; Abû Bakr il veridico allora disse: “Non siamo venuti per combattere, ma per compiere i riti del Pellegrinaggio minore (‘umra).” Il Profeta acconsentì al consiglio di Abû Bakr. A proposito poi della storia della calunnia [nei confronti di ‘Â’iša,] il Profeta
disse: “Gente musulmana: consigliatemi a proposito di persone che hanno incolpato mia moglie: ma per Dio, io non conosco alcun male a carico di mia moglie! E hanno incolpato un uomo: ma per Dio, io non conosco alcun male a carico suo!”(il brano in corsivo lo citiamo da At-Tirmidhì - libro48, del Commento del Corano, capitolo sul commento della Sura della luce hd nr.3191, in quanto la versione riportata da Ibn Kathìr appare scorretta) . E chiese il consiglio di ‘Alî e di Usâma sul fatto se fosse il caso di separarsi da ‘Â’iša. E comunque il Profeta chiedeva consiglio ai suoi compagni nelle battaglie e in situazioni simili. I dotti non sono però concordi, ed hanno due diverse opinioni, su questo: la richiesta di consiglio era obbligatoria per il Profeta, o era invece solamente raccomandata, con lo scopo di rafforzare il cuore dei Compagni?. (...)
Al-Kalbî tramanda queste parole di Ibn ‘Abbâs: “Il versetto è stato rivelato in riferimento ad Abû Bakr e a ‘Umar: essi infatti erano i due Apostoli dell’Inviato di Dio, i suoi due aiutanti particolari, i due padri dei Musulmani.” L’Imam Ahmad tramanda da ‘Abdu r-Rahmân ben Ganam: “L’Inviato di Dio, su di lui la preghiera e la pace divine, disse ad Abû Bakr e ad ‘Umar: ‘Se voi due siete d’accordo su di un suggerimento, io non mi oppongo’.” Ibn Mardawayh tramanda da ‘Alî ben Abî Tâlib: “Chiesero all’Inviato di Dio a proposito della ferma risolutezza (‘azm), e lui disse: ‘Essa consiste nel consultarsi con la gente della retta opinione (ahlu r-ra’y), e quindi nel seguirli’.” Ibn Mâgiah tramanda da Abû Hurayra queste parole del Profeta: “A colui al quale vien chiesto consiglio, viene affidato un incarico di fiducia.” (...) E sempre Ibn Mâgiah tramanda da Giâbir queste parole dell’Inviato di Dio: “Quando uno di voi chiede consiglio al suo fratello, questi dia il suo consiglio.”

Al-Alûsî riporta da Ibn ‘Abbâs che quando furono rivelate le parole «consigliati con loro», l’Inviato di Dio disse: “Dio e il Suo Inviato non hanno bisogno di chieder consiglio. Dio Altissimo però ha fatto della ‘richiesta di consiglio’ una misericordia per la mia comunità: chi, facendone parte, chiederà consiglio non rimarrà privo di guida, mentre chi tralascerà di chieder consiglio non mancherà di cadere in tentazione.” As-Suyûtî riporta da Anas queste parole dell’Inviato di Dio: “Chi chiede ispirazione a Dio (istakhâra) non fallisce, e chi chiede consiglio non se ne rammarica.” E sempre As-Suyûtî cita queste parole di Sufyân: “Ho appreso che il chieder consiglio è metà dell’intelligenza. E ‘Umar ben Al-Khattâb chiedeva consiglio anche alle donne.” Ar-Râzî dal canto suo ricorda come il verbo šâwara deriva dalla radice š-w-r, con significato primo di ‘estrarre il miele dal favo, smielare’.
Dice Al-Qušayrî: “«Usa loro clemenza», perché il tuo giudizio (hukm) è il Nostro giudizio, così che tu non usi clemenza se non quando siamo Noi ad aver usato clemenza. Quindi lo distoglie da un tale attributo per mezzo di ciò che lo conferma nella stazione spirituale del servitore, e lo trasferisce alla caratterizzazione della separazione (tafriqa), dicendo ‘Sosta nel luogo dell’umiliazione, implorandoCi il loro perdono’. E così la Sua sunna (sia gloria a Lui) nei confronti dei Suoi Profeti e dei Suoi santi: li distoglie dalla sintesi (giam‘) trasferendoli alla separazione, quindi li distoglie dalla separazione trasferendoli nella sintesi; ed è per questo che prima dice «usa loro clemenza», che è sintesi, per poi aggiungere «chiedi perdono per loro», che è separazione. (...) Quindi, dopo aver detto «chiedi perdono per loro, aggiunge «e consigliati con loro sul da farsi», e cioè stabilisci un ‘luogo’ per loro. Infatti, colui al quale viene usata clemenza ed è nelle ristrettezze della vergogna (fî sidâri l-khajla) non vede possibile per sé la stazione spirituale della nobile generosità; se dunque chiedi il loro consiglio, elimini in loro l’avvilimento (inkisâr) e profumi il loro cuore.”
Dice Ibn ‘Arabî: “Il motivo che rende necessario il ‘prender consiglio’ è il fatto che al Vero appartiene in ogni essere esistenziato un ‘volto proprio’ (wajh khâss) che non è in altri esseri. E a volte accade che il Vero, gloria a Lui, proietti su un certo essere, a proposito di una cosa qualsiasi, ciò che non proietta su un essere che pure gli è superiore di grado. Esempio ne sia la scienza dei nomi concessa ad Adamo, nonostante che il ‘Consesso supremo’ (al-malâ’u l-a‘lâ) fosse più nobile di lui presso Allah: eppure, Adamo ebbe qualcosa che essi non avevano (...). E se le cose stanno così, accade che il Profeta a volte sia solo riguardo a cose che egli stesso stabilisce nel mondo per il fatto di essere incaricato di regolare e di precisare, anche se non a partire dal pensiero razionale (fikr), visto che egli non fa certo parte di quanti agiscono solo in base al pensiero razionale. Altre volte invece nella sua attività regolatrice gli si associa un altro intelletto, che è come l’anima universale (an-nafsu l-kulliyya) (...). Egli infatti sa che a Dio Altissimo appartiene in ogni essere esistenziato un ‘volto proprio’ dal quale Egli proietta su di lui ciò che vuole, e che non appartiene ad altri ‘volti’. (...) Si potrebbe obiettare: Allah però gli ha insegnato la Sua sapienza riguardante le Sue creature, dal momento che dice, rivolgendosi [implicitamente] a lui [in un hadith qudsiyy nel quale sono riportate le seguenti parole dette da Dio al Calamo primordiale]: ‘Scrivi la Mia sapienza nella Mia creazione, sino al Giorno della Resurrezione’. Nel rispondere a tale obiezione si possono considerare due punti di vista. Secondo il primo, se anche è vero che il Profeta conosce ciò che esiste, pure si può ritenere che tanto il suo ‘chieder consiglio’ quanto il fatto che qualcuno gli sia associato nella sua attività regolatrice facciano parte dei mezzi attraverso i quali Egli gli ha insegnato ciò che gli insegna dell’Essere. Analogamente, benché noi sappiamo che Allah ben conosce ciò che accade nel Suo creato, Egli dice «Noi vi metteremo alla prova, fino a quando sapremo»;(Cor.47,30) dunque, qualcosa di simile si riporta anche a proposito di Dio stesso, visto che [Egli dice «fino a quando sapremo», sebbene] non esista chi possa ‘sapere’ più di Allah! D’altra parte, e questo è il secondo punto di vista secondo cui si può rispondere all’obiezione, noi sappiamo che ad Allah appartiene in ogni essere un ‘volto’ che lo caratterizza: e tale ‘volto’ divino non si definisce ‘creatura’. Così, Egli dice al Calamo: ‘Scrivi la Mia sapienza nella Mia creazione’ [fî khalqî, anche ‘nella Mia creatura’], e non dice ‘Scrivi la Mia sapienza nel volto che venendo da Me è posto singolarmente in ogni creatura’. Dio, sia gloria a Lui, può dare per un certo ‘motivo’, che è quello che il Calamo scrive della sapienza di Allah nella Sua creazione, ma può anche dare senza ‘motivo’, e si tratta del ‘volto proprio’, nel quale non si riconoscono né ‘motivi’ né creatura. Ecco che il ‘prender consiglio’ ha luogo perché si possa manifestare qualcosa che è possibile venga dalla sapienza di quel tale ‘volto’, così che colui col quale il Profeta si consiglia nella sua attività regolatrice proietta su di lui una conoscenza che gli è sopravvenuta da parte di Allah in ragione di quel ‘volto’ la cui sapienza non è stata scritta [dal Calamo], e non ha avuto luogo nell’aspetto creaturiale’.”(Al-futùhatu l-makkiyya, vol II cap.198, pag.423)


( Il carattere (khuluq)...3^ parte )

Quindi l’Altissimo dice: «E quando hai acquisito ferma risolutezza (idhâ ‘azamta), affidati fiducioso a Dio (tawakkal ‘alâ-llah, e cioè quando hai chiesto consiglio sul da farsi e hai preso la decisione, affidati a Dio nel realizzarla, «perché Dio ama coloro che a Lui si affidano».

< Al-Mazharî > riporta da Ibn ‘Abbâs: “Il Profeta disse: ‘Settantamila della mia comunità entreranno in Paradiso senza rendiconto.’ Gli chiesero allora: ‘E chi sono, Inviato di Dio?’ ‘Sono coloro che non si attribuiscono lodi immeritate, che non rubano, che non traggono cattivi auspici e che si affidano fiduciosi al loro Signore’.” E sempre Al-Mazharî riporta da ‘Umar ben Al-Khattâb queste altre parole del Profeta: “Se voi veramente vi affidaste a Dio come deve essere fatto, Egli provvederebbe a voi, allo stesso modo in cui provvede agli uccelli, che vanno
affamati e tornano a pancia piena’.” E infatti, osserva Al-Mazharî, in un hadith qudsiyy Dio dice: “Io sono secondo il pensiero che il Mio servo ha di Me.”

E sempre sul " fiducioso affidarsi " <> riporta ‘da un iniziato’ questo racconto: “Ero in una zona deserta, e m’ero allontanato precedendo la carovana, quand’ecco che vidi davanti a me una persona. Affrettai il passo sino a che la potei vedere distintamente: era una donna che teneva in mano una piccola otre per l’acqua e un bastone, e camminava tremolando. Pensai che fosse allo stremo, e allora mi misi la mano in tasca, ne trassi venti dirham e le dissi: ‘Prendi questi, e rimani qui sino a quando non passa la carovana e ti associ ad essa pagandone la quota; quindi quando si fa notte vieni da me, che aggiusto la tua situazione.’ Ma ecco che lei fece un cenno in aria, con la mano, così, ed ecco che teneva nel palmo molte monete d’oro. Quindi mi disse: ‘Tu hai preso le tue monete d’argento dalla tasca, e io ho preso le mie monete d’oro dall’invisibile’.”
Infine, a proposito della proposizione coranica «quando hai acquisito ferma risolutezza, affidati a Dio»,<> riporta l’opinione di Gia‘far As-Sâdiq, secondo il quale in essa Dio ordina “la rettitudine (istiqâma) esteriore nei confronti delle creature, e la spogliazione interiore nei confronti del Vero.”

Dice <> : “La realtà profonda del fiducioso affidarsi è costituita dalla contemplazione dell’attività decretante [di Dio, taqdîr], assieme al riposo del cuore che evita di caricarsi della tribolazione della gestione di sé (tadbîr). E «Dio ama coloro che a Lui si affidano» e fa loro gustare il vento fresco della ‘sufficienza’ (ki-fâya), così da eliminare ogni stanchezza e ogni fatica, perché Egli si comporta con ognuno secondo ciò che questi merita necessariamente. Così nel momento dell’‘affidarsi’ vi sono coloro che Egli arricchisce coi Suoi doni, coloro
che Egli protegge con il Suo incontro, e infine coloro che Egli rende soddisfatti in ogni stato sino a che non si contentano della Sua permanenza, e sostano assieme a Lui, in Lui e per Lui, nonostante i muta-menti (talwînât) impliciti nei Suoi decreti.”

Sull’intero versetto, osserva come “secondo alcuni Sufi esso si può intendere come rivolto allo Spirito dell’uomo (ar-rûhu l-insâniyy), che mostri tenerezza nei confronti dell’anima e delle sue facoltà passionali ed irritabili, così che essa possa avere interamente la parte che le spetta, alla qual cosa si collega il permanere della progenie e il miglioramento dei mezzi di vita; in caso contrario, tali facoltà si disperderebbero, la sapienza si guasterebbe e verrebbero meno quelle perfezioni per le quali l’uomo è stato creato.”


( Il carattere (khuluq)...4^ parte e fine )


Poi dice: «Se Dio vi soccorre (yansur-kum), nessuno vi potrà sconfiggere (lâ gâliba la-kum); ma se Dio vi abbandona, chi vi potrà soccorrere, dopo di Lui?» Questo versetto è analogo alle parole contenute nel v. 126 di questa stessa Sura, laddove è detto: «E la vittoria (nasr) non viene se non da Dio, il Potente, il Sapiente». Dopo di che ordina di affidarsi a Dio, e dice: «a Dio dunque si affidino fiduciosi coloro che hanno fede».

Dice <> : “«Se Dio vi soccorre, nessuno vi potrà sconfiggere»: Egli interviene in favore dell’esteriore dei credenti col sostegno (tawfîq), e in favore del loro Spirito con la Realizzazione (tahqîq). (...) Quando si parla di soccorso vincente si intende ‘contro un nemico’, e il tuo peggior nemico è la tua anima (nafs). La vittoria sull’anima avviene quando le pretese che vengono dal suo vigore vengono sconfitte dalle difese della Sua misericordia, così che gli eserciti delle passioni vengono messi in rotta dall’assalto delle truppe delle divine condiscendenze (munâzalât), e la santità (wilâya) rimane rivolta esclusivamente a Dio, senza i dubbi delle pretese, che fan parte delle caratteristiche proprie dell’umanità individuale, e senza le passioni proprie dell’anima e le speranze ad esse connesse, che sono tracce dei veli e condizioni che impediscono la Vicinanza. «Ma se Dio vi abbandona», ecc.: colui che Egli abbandona lo lascia andare dove vuole, affidandolo alla sua pessima facoltà di scelta, e il suo stato si disunisce nei rigagnoli delle passioni: egli così una volta va a Oriente senza mostrar alcun pudore, e un’altra va ad Occidente senza ottenere alcun rispetto.”
: “Alcuni ricordano come il soccorso di Allah nei confronti dei Suoi servi avviene in diversi modi. Egli infatti soccorre gli iniziati che con volontà si impegnano nella Via (murîdûn) reprimendo in loro le passioni; soccorre gli amanti (muhibbûn) con gli avvicinamenti; e soccorre i conoscitori (‘ârifûn) con lo svelamento delle contemplazioni.”

Dice Al-Qâšânî:

«Per quale misericordia da parte di Dio», e cioè è per il fatto che sei caratterizzato da una misericordia piena di clemenza (rahma rahîmiyya), e cioè da una misericordia completa, piena e perfetta, che costituisce una delle qualità divine, e che accompagna il tuo essere che è frutto di dono ed è divino (al-wugiûdu l-mawhûbu l-ilâhiyy), e non è l’essere ‘umano’ individuale (al-wugiûdu l-bašariyy), è per questo che «hai mostrato dolcezza nei loro confronti. Se tu fossi stato rude», caratterizzato dalle qualità proprie dell’anima, tra le quali la rudezza e la durezza, «essi si sarebbero dispersi lontani da te», perché a riunirli è la Misericordia Divina che fa sì che necessariamente essi ti amino.
«Usa loro clemenza» per quei loro peccati che ti si riferiscono, visto che li vedi provenire da Allah, grazie allo sguardo dell’unità divina, e visto che la tua stazione spirituale è troppo elevata per poter essere danneggiata dalle azioni degli uomini e per provare stizza per esse, o per curare l’astio con la vendetta.
E «chiedi perdono per loro» per ciò che si riferisce ad Allah, avendo avuto luogo la loro trascuratezza (gafla), ma anche il loro rimorso e la loro richiesta di scusa. «E consigliati con loro sul da farsi» riguardo la guerra ed altro, per rispetto nei loro confronti, ma «quando hai acquisito ferma risolutezza» rimetti la cosa a Dio affidandoti fiducioso a Lui, comprendendo che tutte le azioni, la vittoria e il soccorso, la conoscenza di ciò che è più opportuno e migliore, vengono da Lui, e non da te, e nemmeno dal loro consiglio.

Quindi realizza il significato profondo del fiducioso affidarsi e dell’Unita delle azioni comprendendo le parole «Se Dio vi soccorre, nessuno vi potrà sconfiggere» ecc.
- F I N E -
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Pagine tratte dal Libro : «La Sura della Famiglia di Imràn nella Sapienza Islamica» - di Ludovico Zamboni - GEI Gruppo Editoriale l’Idea. il 3° Capitolo (Sura) del Corano alla luce dei commenti di Ibn Kathìr e Al Qâsânî (tradotti direttamente dai Testi in lingua Araba da Ludovico Zamboni).
pubblicate da Umar su: http://groups.msn.com/SUFISMO (23.08.05)

Al-hamdu li-Llàhi rabbi-l-‘alamin
Umar



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